Ricorso della Regione siciliana in persona del suo Presidente pro
tempore on. dott. Raffaele  Lombardo,  rappresentato  e  difeso,  sia
congiuntamente che disgiuntamente, dagli avvocati Beatrice Fiandaca e
Marina Valli dell'ufficio legislativo e legale della presidenza della
Regione, giusta procura a margine del presente atto, ed elettivamente
domiciliato in Roma nella sede dell'ufficio della Regione stessa, via
Marghera n. 36; 
    Contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,
domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, piazza  Colonna  n.
370, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri ed
elettivamente presso  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  via  dei
Portoghesi n. 12; 
    Per  la  risoluzione  previa   sospensione   del   conflitto   di
attribuzione insorto fra Regione siciliana e Stato  per  effetto  del
decreto del 26 luglio 2012  del  Ministero  dell'interno,  pubblicato
nella G.U.R.I. n. 177 del 31 luglio 2012,  nella  parte  in  cui,  in
attuazione del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149,  prevede
la riduzione dei fondi di cui  agli  articoli  1  e  3  dello  stesso
provvedimento nei confronti dei comuni ricadenti nel territorio della
Regione siciliana per violazione per eccesso di delega  dell'art.  76
della Costituzione in riferimento agli articoli 1 e 27 della legge di
delega 5 maggio  2009,  n.  42,  dell'art.  10  L.C.  n.  3/2001  con
riferimento all'art. 119  della  Costituzione  nonche'  dell'art.  43
dello statuto stesso. 
 
                                Fatto 
 
    Con ricorso iscritto al  n.  162/2011  del  registro  ricorsi  di
codesta ecc.ma Corte questa Regione ha proposto ricorso per questione
di  legittimita'  in  via  principale  nei  confronti   del   decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 149, recante meccanismi sanzionatori
e premiali per violazione, per quel che rileva ai fini  del  presente
conflitto, dei seguenti parametri: 
        per eccesso di delega  dell'art.  76  della  Costituzione  in
riferimento articoli 1 e 27 della legge di delega 5 maggio  2009,  n.
42, unitamente alla  violazione  dell'art.  10  L.C.  n.  3/2001  con
riferimento all'art. 119  della  Costituzione  nonche'  dell'art.  43
dello statuto. 
    La discussione del citato ricorso e' stata fissata per il  giorno
9 ottobre 2012. 
    Con  il  provvedimento  attuativo  che  oggi  si   impugna,   con
riferimento alla violazione  dei  medesimi  parametri,  il  Ministero
dell'interno ha disposto che (art. 1) «i comuni inadempienti per  non
aver rispettato il patto di stabilita' relativo all'anno  2011,  sono
soggetti, nell'esercizio finanziario 2012, ad una sanzione pari  alla
differenza tra il risultato registrato  e  l'obiettivo  programmatico
predeterminato e comunque in una misura non superiore al 3 per  cento
delle entrate correnti registrate nella certificazione al  rendiconto
di bilancio dell'anno 2010. In caso  di  mancata  trasmissione  della
predetta certificazione, l'importo del  3  per  cento  delle  entrate
correnti  e'  determinato  sui  dati  dell'ultima  certificazione  al
rendiconto di bilancio trasmessa dell'ente. 
    2. La  sanzione  comporta  la  riduzione  di  risorse  del  fondo
sperimentale di riequilibrio per i  comuni  ricadenti  nei  territori
delle  regioni  a  statuto  ordinario,   ovvero   dei   trasferimenti
corrisposti per  i  comuni  ricadenti  nei  territori  della  Regione
siciliana e della regione Sardegna. In caso di incapienza, l'ente  e'
tenuto a versare la restante somma entro il 31 dicembre 2012, tramite
la locale sezione di tesoreria provinciale dello  Stato,  all'entrata
del bilancio dello Stato, capo X, capitolo 3509, art. 2». 
    Con il successivo art. 3  il  decreto  ministeriale  in  epigrafe
stabilisce che: 
    «1. I comuni inadempienti al patto di stabilita' interno relativo
all'anno 2011 per mancato  invio  della  certificazione,  ovvero  per
invio di certificazione non conforme alle modalita' di cui al decreto
del Ministero dell'economia e delle finanze  n.  21094  del  9  marzo
2012, riportati  nell'allegato  B  che  forma  parte  integrante  del
presente decreto, sono soggetti, nell'esercizio finanziario 2012,  ad
una sanzione pari al 3 per cento delle  entrate  correnti  registrate
nel certificato al rendiconto di bilancio dell'anno 2010. In caso  di
mancata trasmissione della predetta certificazione, l'importo  del  3
per cento delle entrate correnti e' determinato sui dati  dell'ultima
certificazione al rendiconto trasmessa dell'ente. 
    2. La  sanzione  comporta  la  riduzione  di  risorse  del  fondo
sperimentale di riequilibrio per i  comuni  ricadenti  nei  territori
delle  regioni  a  statuto  ordinario,   ovvero   dei   trasferimenti
corrisposti per  i  comuni  ricadenti  nei  territori  della  Regione
siciliana e della regione Sardegna. In caso di incapienza, l'ente  e'
tenuto a versare la restante somma entro il 31 dicembre 2012, tramite
la locale sezione di tesoreria provinciale dello  Stato,  all'entrata
del bilancio dello Stato, capo X, capitolo 3509, art. 2. 
    3. Come previsto nell'ultimo periodo del comma  110  dell'art.  1
della legge 13  dicembre  2010,  n.  220,  nonche'  dal  decreto  del
Ministero dell'economia e finanze n.  21094  del  9  marzo  2012,  la
sanzione di cui ai precedenti commi 1 e 2 relativa alla riduzione  di
risorse a carico degli enti inadempienti verra' disapplicata nel caso
in cui la certificazione, sebbene trasmessa in ritardo  al  Ministero
dell'economia e delle finanze, sia conforme e attesti il rispetto del
patto;  qualora  la  certificazione  sia  trasmessa  in  ritardo   al
Ministero dell'economia e delle finanze e non attesti il rispetto del
patto  di  stabilita'  interno  si  applicano  le  sanzioni  previste
dall'art. 1 del presente decreto. Nei due casi  citati,  la  modifica
delle risultanze del presente decreto, avverra'  previa  acquisizione
di nuova comunicazione da parte del Ministero dell'economia  e  delle
finanze che accerti il verificarsi delle fattispecie  previste  dalla
normativa». 
    Il provvedimento surriportato per la parte  che  rileva  ai  fini
dell'odierno conflitto e' lesivo  delle  attribuzioni  della  Regione
siciliana e viene impugnato per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Violazione per eccesso di delega dell'art. 76 della  costituzione
in riferimento agli articoli 1 e 27 della legge di  delega  5  maggio
2009,  n.  42,  nonche'  dell'art.  10  della  L.C.  n.  3/2001   con
riferimento art. 119 della Costituzione. 
    Il decreto ministeriale del 26 luglio  2012,  come  espressamente
risulta dalla titolazione «Riduzione delle risorse  per  sanzione  ai
comuni e alle province non rispettosi del patto di stabilita' -  anno
2011», costituisce attuazione dei principi  e  criteri  recati  dagli
articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009,  n.  42,  nonche'  del
decreto legislativo n. 149/2011, impugnato da questa Regione. 
    Ora, ai sensi della legge di delega, i suindicati articoli 2,  17
e 26 della legge  5  maggio  2009,  n.  42,  non  si  applicano  alle
autonomie differenziate anche in forza di quanto precisato da codesta
ecc.ma Corte la quale ha rilevato (sent. n. 201/2010) che l'«art.  1,
comma 2, della legge n. 42 del 2009 stabilisce univocamente  che  gli
unici principi della delega sul federalismo fiscale applicabili  alle
regioni a statuto speciale ed  alle  province  autonome  sono  quelli
contenuti  negli  articoli  15,  22  e  27»  e  ha  ritenuto  che  di
conseguenza non sono applicabili alla Regione siciliana i principi ed
i criteri di delega contenuti in altre  disposizioni  della  medesima
legge di delega precisando altresi' che la conclusione enunciata  «e'
fondata su una sicura esegesi del dato normativa, priva di plausibili
alternative». 
    In forza del contenuto della legge delega e  dell'interpretazione
fornita dalla Corte  costituzionale,  le  norme  citate  del  decreto
legislativo 6 settembre 2011, n.  149,  sono  lesive  della  speciale
autonomia  della  Regione  siciliana  per  violazione  dei  parametri
rubricati e la loro lesivita' refluisce sul decreto ministeriale  nei
cui confronti viene oggi proposto il conflitto. 
    In proposito e' il caso di ricordare che  codesta  ecc.ma  Corte,
con sentenza n. 503/2000 ha ritenuto «costituzionalmente  illegittimo
- per  violazione  dell'art.  76  della  Costituzione  -  il  decreto
legislativo 23 aprile 1998,  n.  134,  ...  in  quanto  tale  decreto
disciplina un oggetto estraneo alla delega conferita dalla  legge  n.
59 del 1997». 
    Codesta ecc.ma Corte ha, poi, confermato il proprio  orientamento
con svariate pronunce  in  relazione  alla  conformita'  della  norma
delegata alla norma delegante (sentenza n. 425/2000; ed  inoltre  nn.
292, 276, 163 e 126/2000; nn. 15 e 7/1999;  n.  456/1998)  precisando
che «il giudizio di  conformita'  della  norma  delegata  alla  norma
delegante, condotto alla  stregua  dell'art.  76  Cost.,  si  esplica
attraverso il confronto tra gli esiti  di  due  processi  ermeneutici
paralleli; l'uno, relativo alle norme che  determinano  l'oggetto,  i
principi e i criteri direttivi indicati dalla delega,  tenendo  conto
del complessivo contesto di norme in cui si collocano e  individuando
le  ragioni  e  le  finalita'  poste  a  fondamento  della  legge  di
delegazione; l'altro,  relativo  alle  norme  poste  dal  legislatore
delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi
e criteri direttivi della delega» (v., ex plurimis sentenze nn.  276,
163, 126 e 425 del 2000; nn. 15 e 7 del 1999). 
    Ebbene, da una tale valutazione comparativa emerge chiaramente il
mancato  rispetto  della  delega  e,   dunque,   la   lesivita'   del
provvedimento in esame che incide  sulle  prerogative  statutarie  di
questa Regione. 
    Considerate le disposizioni sanzionatorie  del  presente  decreto
ministeriale, ritenere che  esse  siano  applicabili  alle  autonomie
differenziate  contrasta  palesemente  con  i  principi  sanciti  sia
dall'art. 76 della Cost. che con quelli contenuti negli articoli 1  e
27 della legge delega n. 42/2009 disposizioni che, almeno per  quanto
riguarda  la  Regione  siciliana,  contrastano  con   le   previsioni
statutarie; inoltre contraddice l'art. 10 della legge  costituzionale
18  ottobre  2001,  n.  3,  che  ha  modificato  l'art.   119   della
Costituzione, costituente principio cardine di tutto il  processo  di
riforma del c.d.  «federalismo  fiscale»  del  quale  il  decreto  in
argomento fa parte integrante. 
    Detto art. 10 della L.C. n. 3/2001,  dispone  infatti  che  «Sino
all'adeguamento  dei  rispettivi  statuti,  le   disposizioni   della
presente legge costituzionale  si  applicano  anche  alle  regioni  a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per  le
parti in cui prevedono forme  di  autonomia  piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite». 
    La conferma da parte di tale disposizione del precedente  assetto
delle  competenze  dello  Stato  e   della   Regione   siciliana   e'
espressamente  sancita  dalla  legge  n.  131   del   2003,   recante
«Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla  L.C.  18  ottobre  2001,  n.  3»,  il  cui  art.  11  rubricato
«Attuazione dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,
n. 3» al comma 1 prevede che «Per le regioni a statuto speciale e  le
province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto  previsto
dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione,
nonche' dall'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.
3.». 
    Al   pari   delle   disposizioni   della   normativa    delegata,
tempestivamente impugnate da questa Regione, il provvedimento che  ne
fa  applicazione  risulta  prevedere  per   la   Regione   siciliana,
relativamente alle sanzioni nei confronti dei  comuni  siti  nel  suo
territorio,  forme  di  autonomia  ben  meno  ampie  di  quelle  gia'
attribuita dallo statuto regionale. 
    Del  resto,  proprio  a  salvaguardia  delle  prerogative   delle
autonomie differenziate le disposizioni della  legge  delega  n.  42,
evocate quali norma interposte, escludono l'applicazione diretta  dei
decreti legislativi emanati ai sensi dell'art. 2 della medesima legge
per prevedere che gli ordinamenti delle regioni a statuto speciale  e
delle province autonome di Trento  e  Bolzano  si  adeguano  «secondo
criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione  dei  rispettivi
statuti,  da  definire,  con  le  procedure  previste  dagli  statuti
medesimi». 
    Ne consegue che il decreto che oggi si impugna,  nella  parte  in
cui  pretende  di  sanzionare  i  comuni  di   questa   Regione,   in
applicazione diretta del decreto legislativo n. 149 del 2011, risulta
anch'esso illegittimo con riferimento ai parametri rubricati. 
Violazione dell'art. 43 dello statuto d'autonomia. 
    Il provvedimento ministeriale attuativo del  decreto  legislativo
nei confronti della Regione  siciliana  in  mancanza  delle  apposite
norme di attuazione arreca altresi' un vulnus al  principio  pattizio
consacrato nello statuto. 
    Infatti, pretendendo di comminare agli enti locali  siciliani  le
sanzioni previste dall'art. 7 del  decreto  legislativo  n.  149/2011
prima che sia stata attivata la procedura prevista dallo statuto,  lo
Stato viola il principio pattizio di rango costituzionale. 
    Ed invero in tal senso e' esplicita la legge di delegazione, che,
come gia' ricordato, nel secondo comma dell'art.  1  ed  all'art.  27
prevede che ai principi recati dalla  stessa  legge  gli  ordinamenti
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e Bolzano si adeguano «secondo criteri e modalita' stabiliti da norme
di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con  le  procedure
previste dagli statuti medesimi». 
    Ne' basta ad evitare detta violazione la transitorieta' temporale
dell'applicazione del decreto  ministeriale  impugnato  (limitata  al
2012), anche perche' ne e' probabile la reiterazione ove si protragga
la condizione di mancato completamento della relativa procedura, come
si evince anche dalla legge delega che non contempla possibilita'  di
deroghe al principio pattizio nenche' in via provvisoria. 
    Trattandosi infatti di un principio stabilito  dallo  statuto  di
autonomia  lo  stesso  subisce  pregiudizio  anche  da   una   deroga
temporalmente limitata che ha in ogni caso refluenze  sulla  speciale
autonomia garantita alla Regione. 
    In  forza  delle  considerazioni   esposte   e'   innegabile   il
pregiudizio   causato   alla   Regione    siciliana    dall'impugnato
provvedimento, avuto altresi'  specialmente  riguardo  alle  previste
sanzioni per i comuni non rispettosi  del  patto  di  stabilita'  per
2011, che sono soggetti,  nell'esercizio  finanziario  2012,  ad  una
sanzione  pari  alla  differenza  tra  il  risultato   registrato   e
l'obiettivo programmatico predeterminato e comunque in una misura non
superiore al 3 per cento  delle  entrate  correnti  registrate  nella
certificazione al rendiconto di bilancio dell'anno 2010. In  caso  di
mancata trasmissione della predetta certificazione, l'importo  del  3
per cento delle entrate correnti e' determinato sui dati  dell'ultima
certificazione al rendiconto di bilancio trasmessa dell'ente. 
    La  sanzione  comporta  la  riduzione  di   risorse   del   fondo
sperimentale di riequilibrio per i  comuni  ricadenti  nei  territori
delle  regioni  a  statuto  ordinario,   ovvero   dei   trasferimenti
corrisposti per  i  comuni  ricadenti  nei  territori  della  Regione
siciliana e della regione Sardegna. In caso di incapienza, l'ente  e'
tenuto a versare la restante somma entro il 31 dicembre 2012, tramite
la locale sezione di tesoreria provinciale dello  Stato,  all'entrata
del bilancio dello Stato, capo X, capitolo 3509, art. 2. 
    Le  medesime  considerazioni  valgono  per  le  sanzioni  di  cui
all'art. 3 del provvedimento impugnato,  relative  al  mancato  invio
della  certificazione  da  parte  dei  comuni  ovvero  per  invio  di
certificazione non conforme. 
    Con il presente ricorso si chiede, pertanto, preliminarmente,  ai
sensi dell'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e  dell'art.  26
delle  norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale, la sospensione dell'impugnato  atto,  invasivo  delle
attribuzioni e delle competenze regionali per violazione per  eccesso
di  delega  dell'art.  76  della  Costituzione  in  riferimento  agli
articoli 1 e 27 della legge di delega 5 maggio 2009, n. 42, dell'art.
10 L.C. n. 3/2001 con riferimento  all'art.  119  della  Costituzione
nonche' dell'art. 43 dello statuto stesso. 
    Le   risorse   finanziarie   della   Regione,   ed   ancor   piu'
concretamente, i mezzi di pagamento necessari  per  far  fronte  agli
impegni legittimamente assunti dai comuni  ricadenti  nel  territorio
della  Regione  siciliana,  risulterebbero,  infatti,   indubbiamente
ridotti con conseguente semiparalisi dei servizi erogati  dai  comuni
di  questa  Regione  nell'ipotesi   in   cui   tali   somme   fossero
indebitamente  attribuite  al  bilancio  statale  in  ossequio   alle
previsioni del decreto impugnato. 
    La penalizzazione subita, avente peraltro  dirette  ed  immediate
refluenze sulla capacita'  di  spesa  degli  enti  locali  di  questa
Regione  -  e  di  non  immediato   conguaglio,   alla   luce   delle
considerazione sopra espresse, nell'ipotesi di  giudizio  di  codesta
ecc.ma Corte favorevole alla  Regione  in  relazione  al  ricorso  n.
162/2011 del registro ricorsi di codesta  ecc.ma  Corte  -  configura
quelle «gravi ragioni» cui ha  specifico  riferimento  il  richiamato
art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per  poter  procedere  alla
sospensione dell'esecuzione dell'atto che ha dato luogo al  conflitto
di attribuzione.